ADATT-ABILITÀ: UNA RIVOLUZIONE CONCETTUALE PRIMA CHE METODOLOGICA

Il centrocampista centrale che deve ricevere correttamente una palla nel traffico di avversari e compagni e prendere la decisione migliore impostando l’azione successiva con i “tempi giusti”; l’attaccante esterno che, una volta presa posizione sulla linea difensiva avversaria, sceglie il momento giusto per attaccarla alle spalle; il difensore centrale che percepita la situazione di svantaggio numerico sceglie di non aggredire il portatore di palla ma di accompagnarlo verso una zona in cui potrà ricevere sostegno dai compagni, grazie al tempo guadagnato; quante altri problemi di complessità più o meno elevata potremmo continuare ad elencare? E, se invece di parlare di calcio parlassimo di basket, rugby, pallavolo, hockey, quante altre situazioni potremmo identificare in un cui il giocatore è chiamato a prendere decisioni ed effettuare azioni che tenteranno di risolvere un problema?

Verkhoshansky, uno dei più grandi esperti internazionali di metodologia di allenamento, scrisse: “lo sport è un’attività di risoluzione di problemi in cui i movimenti sono utilizzati per produrre le soluzioni necessarie”.

I giocatori più bravi non sempre sono i più grossi, i più veloci, i più resistenti, ma spesso sono quelli più abili a coordinare i loro movimenti affinché risolvano in modo efficiente, in termini di tempo ed energie, il problema posto loro dalle situazioni di gioco. 

Il seguente articolo vuole affrontare il tema della risoluzione di problemi dal punto di vista delle teorie ecologico-dinamiche cercando di inquadrarne le caratteristiche cosi da poter definire una strategia d’intervento per allenatori e preparatori che hanno come obiettivo lo sviluppo delle abilità specifiche dei propri atleti.

PROBLEM-SOLVING E PROSPETTIVA ECOLOGICA 

Scegliere di affrontare questo tema da una prospettiva ecologica significa porre al centro della questione la relazione indissolubile tra atleta ed ambiente di performance, dove il processo di percezione, cognizione ed azione sostiene ed accompagna l’abilità di risolvere problemi complessi durante il gioco grazie al rilevamento di informazioni importanti all’interno del contesto. 

All’interno di un recentissimo articolo (2023) pubblicato sulla rivista internazionale Frontiers,  intitolato “Re-conceptualizing movement behavior in sport as a problem-solving activity”, autori illustri in questo campo come Keith Davids, Shawn Myszka e Tyler Yearby hanno posto l’attenzione sulle diverse teorie che stanno alla base dell’’apprendimento. Le teorie tradizionali da una parte (quelle cognitiviste, del processamento dell’informazione, della memoria a lungo termine) e quelle ecologico-dinamiche dall’altra. Gli autori scrivono: “anziché riferirsi solamente alla conoscenza dell’ambiente immagazzinata nella memoria a lungo-termine, gli atleti sono chiamati ad interagire con informazioni che sono continuamente emergenti, cangianti, imprevedibili e rilevanti per risolvere problemi di movimento vivi, che ogni volta si presentano in modo differente. Nello sport due problemi non sono mai esattamente identici, così che la stessa soluzione possa coincidere; allo stesso modo due soluzioni completamente differenti potrebbero risultare utili a risolvere problemi apparentemente simili”. 

La rivoluzione non è tanto nella metodologia (quella viene dopo, e di conseguenza) ma è nella concezione legata all’apprendimento. Da una parte la logica tradizionale, oggi superata, che vede l’apprendimento come immagazzinamento di informazioni, paragonando il nostro sistema a quello di un computer (oggi sappiamo che questo è, per innumerevoli motivi, un paragone completamente sbagliato e fuorviante) dove più si ripete un gesto più si avvicina la sua rappresentazione mentale a quella ottimale, la famosa “tecnica perfetta”. Dall’altra parte la prospettive ecologica in cui la ripetizione non riguarda la soluzione del problema, ma il processo stesso di soluzione, in cui colui che apprende migliora la sua sintonizzazione con l’ambiente circostante, rendendo il suo sistema sempre più adatt-abile.

DUE PROBLEMI INSORMONTABILI

Le teorie tradizionali che vogliono la ripetizione come strategia alla base della programmazione motoria si devono scontrare con quelli che sono stati definiti due problemi di difficile spiegazione: il problema della novità (The Novelty Problem) e il problema di archiviazione (The Storage Problem). 

Come facciamo a spiegare la creatività se possiamo eseguire solo quello che abbiamo rappresentato nel nostro cervello? Se possiamo eseguire solo quello che abbiamo accuratamente immagazzinato attraverso la ripetizione, come spieghiamo l’invenzione di un calciatore che, magari per la prima volta nella sua vita, esegue una gestualità tecnica in una forma completamente innovativa? Senza arrivare a citare il caso di Dick Fosbury (per il quale sto preparando un articolo poiché ritengo meriti particolare attenzione), caso eccezionale di creatività sportiva, ma semplicemente guardando le partite di qualsiasi sport si può constatare come ogni volta vengono messe in atto soluzioni creative dagli atleti, probabilmente mai eseguite prima. Il problema della novità si scontra piuttosto violentemente con la teoria dell’immagazzinamento di un modello ideale di movimento sviluppato attraverso la ripetizione pedissequa.

Il secondo problema, quello dell’archiviazione, nasce nel momento in cui sappiamo che non esistono due movimenti uguali. Un calciatore non calcerà mai due volte nello stesso identico modo il pallone. Nikolai Bernstein, padre fondatore dell’approccio ecologico spesso citato in questo blog, scoprì questa caratteristica del movimento studiando gestualità molto più ripetitive del calciare in porta. Lo fece per esempio studiando operai che battevano il ferro, e anche in quel caso rilevò che ogni battuta era diversa dall’altra. Ma allora, com’è possibile pensare di poter immagazzinare nel cervello cosi tante modalità di movimento? La palla si calcia differentemente se arriva rasoterra, alta un centimetro o alta dieci, se è lenta o veloce, se gira o non gira, se siamo stanchi o freschi, se vogliamo far gol o passarla, e potremmo andare avanti all’infinito. Possiamo davvero pensare di poter archiviare nella nostra memoria tutte queste modalità per poi pescare quella che serve, come se aprissimo un file del computer a piacimento? 

Secondo le più recenti ricerche in merito all’apprendimento motorio non funziona affatto così. 

Sempre gli stessi autori nell’articolo citato in precedenza scrivono:

un atleta molto raramente ha il lusso di poter selezionare, in una lista di alternative, un’azione da mettere in atto. Semplicemente non c’è né il tempo né il modo di affrontare il problema con questo approccio”. 

AFFORDANCES 

L’autore che più di ogni altro ha influito in merito alla spiegazione di come rileviamo le informazioni dall’ambiente circostante è stato James Gibson, fondatore della psicologia ecologica. Con la sua teoria della percezione diretta Gibson ci spiega come non sia necessaria né spesso possibile tutta questa processazione elaborata dell’informazione da parte di chi si deve muovere all’interno di un ambiente. L’autore coniò il termine “affordances” il quale identifica le opportunità d’azione che ci offre direttamente il contesto nel quale ci muoviamo.

Riconoscere e sfruttare le affordances specifiche dell’ambiente di performance dovrebbe essere l’obiettivo principale di ogni sistema di sviluppo del talento in ambito sportivo. 

LA DESTREZZA 

Un altro termine che abbiamo un pò storpiato nel corso degli anni, trasformandone il significato e di conseguenza anche le strategie per il suo sviluppo è “destrezza”. Che cos’è la destrezza ce lo insegna lo stesso Nikolai Bernstein il quale la definì come “l’abilità di trovare una soluzione motoria per ogni situazione, ovvero, risolvere adeguatamente ogni problema motorio emergente”. L’autore, nella sua definizione che si può trovare nell’articolo internazionale pubblicato nel 1996 “Dexterity and its development”, aggiunse che “non si può confinare la destrezza al solo movimento o alle singole azioni motorie, ma essa si manifesta nel modo in cui questi movimenti e queste azioni sono integrate con l’ambiente circostante, consentendo soluzioni sorprendenti a problemi imprevisti”. 

SINTONIZZAZIONE CON L’AMBIENTE 

Essere aperti e disponibili alle opportunità d’azione. Questo è quanto dovremmo puntare a sviluppare attraverso l’allenamento. Un processo di sintonizzazione con l’ambiente, così definito da Gibson e da tutta la comunità scientifica internazionale, è la vera chiave di volta dello sviluppo del talento sportivo. I processi cognitivi che rendono possibili le scelte dei calciatori durante la gara, secondo la prospettiva ecologica, si realizzano grazie a quello che viene definito meccanismo di risonanza del sistema nervoso centrale che rende gli atleti più ricettivi, più svelti nel cogliere la migliore opportunità offerta dal contesto. Questa disponibilità allo sviluppare atteggiamenti di apertura nei confronti dell’ambiente, ci rende più bravi a sfruttarne le caratteristiche, a coglierne le opportunità, ad inserirci le più svariate soluzioni motorie. Ci rende di fatto più adatt-abili. 

METODOLOGIA 

“Non esiste nulla di più pratico di una buona teoria”. 

La rivoluzione è concettuale prima che metodologica perché una volta inquadrato il fenomeno diventa piuttosto automatico stabilirne il processo di sviluppo.

Se apprendere un movimento, quindi migliorarlo, significa avvicinare la sua realizzazione ad un modello ideale perfettamente archiviato nella memoria a lungo termine, ecco che allora esercizi che prevedono la ripetizione costante e pedissequa di una data azione motoria sono perfettamente in linea con quanto ricercato. 

Se invece, come ampiamente dimostrato da tutta la recente letteratura internazionale riguardante le teorie ecologico-dinamiche, apprendere significa migliorare la propria sintonizzazione con l’ambiente circostante, migliorando la capacità di percepirne le caratteristiche rilevanti ai fini della risoluzione di problemi complessi, cangianti ed imprevedibili, diventa automatico immaginare quale dovrebbe essere il core-business di un progetto metodologico atto allo sviluppo del talento sportivo. 

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