Non me ne vogliano gli inventori della “scaletta”. Guardando un pò quello che costano e quante squadre le utilizzano credo che abbiano guadagnato abbastanza per non prendersela con il mio video o con il commento che seguirà, che comunque ha l’ambizione di andare al di là della semplice “critica” verso un mezzo di allenamento.
Rapidità dei piedi, reattività, coordinazione, questi più o meno gli obiettivi che vengono posti nell’utilizzo della Speed Ladder. Più volte all’interno del blog ho parlato di argomenti quali la trasferibilità degli apprendimenti, la specificità, l’importanza della variabilità e tanti altri princìpi riguardanti la pedagogia non-lineare e le teorie ecologico-dinamiche che di fatto risulta quasi superfluo ed in parte ripetitivo descrivere le motivazioni che stanno alla base del ritenere questo mezzo piuttosto “limitato”.
L’OBIETTIVO DELL’ALLENAMENTO
In un bellissimo capitolo intitolato “Ecological dynamics and transfer from practice to performance
in sport” scritto da J. Y. Chow, R. Shuttleworth, K. Davids, e D. Araújo, inserito all’interno della terza ed ultima edizione del libro “Skill Acquisition in Sport Research, Theory and Practice”, pubblicata nel 2019 da Taylor & Francis Group, gli autori definiscono così l’obiettivo dell’allenamento: “in accordo con le teorie ecologico-dinamiche, l’obiettivo fondamentale della pratica non è “ottimizzare” la realizzazione di schemi di movimento specifici attraverso prove ripetitive di una tecnica”. Piuttosto, scrivono gli autori: “gli allenatori dovrebbero cercare continuamente di presentare ai giocatori un’ampia gamma di compiti e condizioni, aiutandoli a diventare più adattivi, innovativi e flessibili per far fronte alle fluttuazioni dei compiti ed ai vincoli ambientali”.
Nell’ultimo articolo (ADATT-ABILITÀ: UNA RIVOLUZIONE CONCETTUALE PRIMA CHE METODOLOGICA) abbiamo già descritto le motivazioni che sostengono la scelta di prediligere attività che consentano interpretazione, possibilità di esprimersi liberamente, adattamento e creatività, piuttosto che ripetizioni di movimenti idealizzati, ritenuti corretti a prescindere.
In questo articolo vorrei concentrarmi sull’utilizzo di questo mezzo di allenamento, davvero tanto sfruttato. Inutile dire che se ritornassimo alla definizione di allenamento appena citata non troveremmo praticamente nessuna caratteristica della Speed Ladder. Attraverso questo mezzo esiste solo la ripetizione di un movimento pre-ordinato e migliorabile attraverso una continua esecuzione che porti la “tecnica” ad un livello sempre più vicino a quello “ideale”.
ANALISI DI TRASFERIBILITÀ
Ipotizzando che nessuno alleni attraverso questo mezzo con il fine ultimo di migliorare l’esecuzione dell’esercizio stesso, ma lo faccia con l’ambizione di trasferire questo miglioramento nel contesto del gioco, dobbiamo per forza di cose fare un’analisi della trasferibilità dell’esercizio in merito agli obiettivi che la scelta di inserirlo nella programmazione dell’allenamento si propone.
Per farlo vi propongo di rispondere ad un paio di domande che normalmente vengono poste nell’analisi della trasferibilità degli apprendimenti.
Domanda numero 1. La natura dei problemi posti nella pratica di allenamento attraverso la scaletta è la stessa di quelli che si presentano nella pratica del gioco del calcio? Posto che definire “problemi” da risolvere quelli della scaletta eleva il mezzo ad una complessità che non gli appartiene, li definirei piuttosto “schemi di movimento da ricordare”, possiamo tranquillamente dire che nulla hanno a che fare con i problemi che pone il gioco, dove non sappiamo quello che succederà, dove dobbiamo diventare bravi ad interpretare, anticipare, leggere e muoverci rapidamente in funzione di quello che percepiamo. Quando “eseguiamo” (si questo è il termine migliore per descrivere questa attività) la scaletta, la nostra percezione è riferita al suolo, alla distanza (per altro quasi sempre fissa) tra uno spazio e l’altro.
Domanda numero 2. Il contesto di apprendimento della scaletta assomiglia a quello di performance del gioco del calcio? Quando parliamo di “contesto” ci riferiamo alla presenza degli elementi essenziali. Avversari, compagni, palla, imprevedibilità, accoppiamento percezione-azione, riconoscimento di spazi ed opportunità d’azione; nessuno tra questi rientra palesemente tra le possibilità offerte dalla Speed Ladder.
L’ACCELERAZIONE
Proviamo a dare per scontato che chi propone questo mezzo di allenamento sappia che la trasferibilità è praticamente nulla, ma lo faccia per migliorare l’abilità di accelerare. Si perché accelerare è di sicuro l’abilità motoria più richiesta al calciatore durante la partita. Accelerare significa acquisire rapidamente velocità, spostarsi nel campo in poco tempo consentendo di ottenere vantaggi in termini di conquista dello spazio e di opportunità di gioco. Quindi proviamo a spostare questo mezzo solo verso la parte “motoria”, identificandolo come un mezzo di scomposizione delle abilità, accettando che dal punto di vista percettivo sia totalmente inutile.
Le più recenti ricerche internazionali sull’accelerazione, condotte soprattutto dal gruppo di ricerca del professor JB Morin e P. Samozino, hanno dimostrato come questa abilità sia fortemente influenzata da due componenti principali: l’alto livello di forza impressa nel terreno durante il contatto del piede e, soprattutto, quello di saper orientare questa forza in direzione orizzontale aumentando rapidamente frequenza ed ampiezza del passo. Nessuna di queste due cose è ipotizzabile che venga migliorata nell’esecuzione della scaletta, dove viene sviluppato un bassissimo livello di forza nel terreno e la conquista dell’ampiezza del passo è qualcosa di ancora meno raggiungibile visto che gli spazi in cui i piedi vengono inseriti sono equidistanti.
Potrebbe avere una trasferibilità con l’alta velocità?
Una delle caratteristiche principali della meccanica di corsa ad alta velocità è l’abilità di assumere una postura piuttosto eretta che consenta il sollevamento del ginocchio. Direi che anche in questo caso il “vincolo” imposto dalla scaletta non vada in quella direzione, ma possa essere considerato più funzionale un ostacolo di dimensioni crescenti e distanza progressiva.
LA RAPIDITÀ DEI PIEDI
Torniamo alla rapidità dei piedi. La famosa rapidità dei piedi.
Ma quando i nostri bambini giocano non li muovono rapidamente i piedi? Se costruiamo con intelligenza il gioco utilizzando situazioni in cui i giocatori sono pochi e i tempi di lavoro non troppo lunghi, i bambini muoveranno i piedi molto rapidamente all’interno del contesto di gioco reale. Da guardie e ladri ai rondos, dai quattro cantoni ai giochi di posizione, dai duelli alle partitelle. Tutti giochi in cui ci si muove in funzione di qualcosa, si collabora con i compagni, si cerca di eludere un avversario, ci si emoziona, si interpreta, si crea, si anticipa, si reagisce e si trovano soluzioni funzionali a risolvere problemi reali.
Io credo che valga la pena spendere il nostro tempo lì dentro.
Tutto quello che non c’entra con il gioco è tempo perso? Io credo di no. Ma credo che tutto quello che proponiamo fuori dal gioco debba avere dei contenuti difficilmente sviluppabili nell’attività specifica, e tra questi ritengo che la scaletta possa offrire ben poco. Altrimenti non sarà tempo perso, ma quantomeno sfruttato male.
Sempre che non stiamo preparando la danza tribale !!!