“There are far more ways to waltz than to sprint”.
Con questa frase Frans Bosch, esperto internazionale di apprendimento e controllo motorio, descrive una delle caratteristiche più interessanti del nostro sistema, ovvero quella di comportarsi diversamente a seconda delle condizioni esterne imposte dall’ambiente e dal compito. Ecco di nuovo la relazione indissolubile tra le tre componenti dalle quali emergono le abilità motorie: organismo, ambiente e compito.
I LIMITI DEL CONTROLLO CENTRALE
Come abbiamo già analizzato all’interno dell’articolo relativo al fenomeno del Choking, esistono fondamentalmente due sistemi per il controllo motorio. Un sistema centrale, situato nelle strutture superiori, atto al controllo consapevole in situazioni che consentono, grazie per esempio ai feedback, di poter modificare il movimento in relazione alle intenzioni dell’atleta ed a ciò che lo circonda. L’altro sistema è quello periferico, inconsapevole, molto più rapido ed impossibilitato all’utilizzo di feedback per il controllo del movimento, poiché quest’ultimo entra in gioco nelle situazioni in cui c’è elevata pressure of time (ovvero brevissimi tempi a disposizione), un alto grado di forze esterne (principalmente forze di reazione al suolo e inerzia dettata dal movimento stesso), e presenza di interferenze da parte di avversari e/o elementi presenti nell’imprevedibilità dell’ambiente circostante.
Il nostro sistema si comporta in modo diverso a seconda della situazione contingente.
Quello che mette in atto il nostro controllo centrale è fondamentalmente stabilire se in quella circostanza avrà o meno la possibilità di processare con successo un controllo legato ai feedback. Se non sarà in grado di farlo verranno allora ad attivarsi una serie di meccanismi di controllo periferici attraverso i quali il sistema si auto-organizzerà per risolvere l’interazione con l’ambiente e il compito da svolgere.
Se il problema posto dal compito prevede “soluzioni a lungo termine” come per esempio decisioni strategiche di gioco, anticipare un avversario, aggiustare la propria direzione di corsa per intercettare una palla, prevarrà il controllo centrale basato sul processo di informazioni sensoriali; se invece, il problema prevede “soluzioni a breve termine” da realizzare in brevissimo tempo, come per esempio in un tackle, in un’esecuzione tecnica sotto pressione, prenderanno il sopravvento quelle strutture periferiche atte al controllo motorio.
BASSA INTENSITÀ vs ALTA INTENSITÀ
Quando ci muoviamo tutti i gradi di libertà di movimento vengono organizzati in quelle che N. Bernstein definì SINERGIE, ovvero integrazioni coordinate dei segmenti corporei che consentono una gestione più efficiente della moltitudine di gradi di libertà disponibili. I movimenti di bassa intensità che coinvolgono tutto il corpo, proprio come succede nel valzer, richiedono il controllo di numerosi gradi di libertà.
Dato che le forze esterne da controllare sono molto ridotte i muscoli coinvolti nel movimento non hanno la necessità di esprimere altissimi livelli di forza e di conseguenza hanno la possibilità di poter lavorare a diverse lunghezze, anche lontane da quelle ottimali (sappiamo che ogni muscolo, per la relazione tensione-lunghezza, possiede una lunghezza ottimale alla quale può esprimere il massimo grado di forza).
Nei movimenti esplosivi, all’interno di situazioni in cui l’ambiente circostante è imprevedibile, le forze esterne come quella di reazione al suolo e/o quelle prodotte dagli avversari sono molto più elevate, e di conseguenza obbligano i muscoli a lavorare alla loro lunghezza ottimale per riuscire a mantenere la corretta postura del corpo (come illustrato nella figura 1). Ad altre lunghezze non sarebbero in grado di esprimere la forza necessaria a consentire il movimento. Ne consegue che nei movimenti ad alta intensità la varietà di sinergie sviluppabili dal sistema sia estremamente ridotta, così come di conseguenza la varietà di angoli articolari efficienti.
Ecco perché esistono molti più modi di ballare il valzer che di sprintare.
VARIABILITÀ RELATIVA AL CONTESTO
È definita dagli autori context-related variability ed il primo a coniarne il termine fu Nikolai Bernsetin. Nelle situazioni aperte (dove ad emergere sono le open skills) non è solo la quantità di forza esterna a creare un problema per il controllo motorio, ma lo è anche la sua direzione e i suoi cambi di direzione. La presenza di elementi imprevedibili come la palla, o gli avversari, può creare delle interferenze che vanno a modificare radicalmente l’attivazione neuro-muscolare che consentirà l’esecuzione del movimento.
Come si può osservare dall’immagine soprastante (figura 3) se la GRF (ground-reaction force) nella pianta del piede durante il movimento della corsa passa davanti al ginocchio (freccia rossa), tenderà ad estendere il ginocchio e sarà necessaria ulteriore forza da parte della muscolatura posteriore (hamstrings e gastrocnemio) per portare l’articolazione all’angolo desiderato. Invece se la GRF passerà dietro il ginocchio (freccia blu) sarà necessaria ulteriore forza da parte del quadricipite.
Questa possibilità di cambiare direzione da parte delle forze esterne durante il movimento garantisce che non ci sia nessun collegamento tra la forma esterna, visibile, di movimento (postura) ed il modello sottostante di attivazione muscolare” F. Bosch
Quali muscoli devono essere attivati può variare da una situazione all’altra: questo processo è conosciuto come “variabilità relativa al contesto”.
Non è solo la forza di reazione al suolo a creare questo tipo di situazione ma anche l’inerzia stessa dei segmenti corporei che si muovono durante il movimento assicura che non ci sia collegamento diretto tra la postura corporea e la sottostante azione muscolare.
L’abitudine piuttosto ostinata in fisioterapia di collegare strettamente la postura del corpo e l’azione muscolare è quindi un grosso ostacolo al trasferimento di ciò che si è appreso nel mondo reale.” F. Bosch
UN’INTERAZIONE POSITIVA
Con queste forze che agiscono così rapidamente ed imprevedibilmente, come nelle situazioni in cui è richiesta agilità negli sport di situazione, il controllo centrale non riesce a rispondere in tempo ed abbastanza intensamente.
Con la diminuzione del tempo a disposizione e l’incremento della variabilità nella direzione delle forze esterne (ambiente più caotico) i movimenti devono diventare più uniformi (l’organismo diventa più organizzato) e la flessibilità del controllo centrale, che potenzialmente può realizzare una serie molto ampia di soluzioni di movimento, è ridotta a causa di restrizioni esterne.
Questa interazione tra l’ambiente e l’organismo produce l’effetto positivo di salvaguardare e non sovraccaricare il sistema centrale liberando la capacità di calcolo per una migliore presa di decisione nelle varie situazioni di gioco. Si realizza cosi un’interazione molto positiva. L’auto-organizzazione nel movimento ed una buona prestazione nel gioco vanno così a braccetto.