IL GIOCO (NON) È IL MAESTRO

COMPLESSO O COMPLICATO ?

Dividere per comprendere. Ce l’hanno insegnato ancora da piccoli, alla scuola elementare, con le materie. Per comprendere meglio i fenomeni, il mondo nella sua interezza, lo “separiamo”. E allora studiamo la Storia separata dalla Geografia, cosi impariamo tutti i dettagli di tutto, ma spesso, di fatto, ci perdiamo il senso generale delle cose, che si può comprendere solo all’interno delle relazioni tra le parti. Insomma trattiamo i fenomeni “complessi” come se fossero solo “complicati” ma le parole sono diverse per un motivo, non a caso. (vedi IL PENSIERO SISTEMICO)

L’ANALITICO E IL SITUAZIONALE

Ci piace dividere per comprendere, è un processo che il cervello accetta volentieri perché semplifica, ma il fatto che una cosa sia facile non significhi anche che sia giusta. 

Nella nostra passione per la divisione abbiamo accettato l’idea che nell’allenamento delle abilità ci sia da una parte chi allena attraverso il metodo tradizionale, quello “analitico”, una sorta di partito di conservatori della metodologia, e dall’altra (sponda più rivoluzionaria) chi invece utilizza il gioco, allena con il “situazionale”. I vecchi e i nuovi. La tradizione e l’innovazione. 

Non sarà argomento di questo articolo evidenziare l’assoluta infondatezza e inadeguatezza di questo modo di descrivere l’allenamento, mi limiterò qui soltanto a dire che ragionare per compartimenti non può, anche in questo caso, portare fuori strada. 

Esistono ovviamente metodologie di allenamento diverse che si sono proposte nel tempo come alternative a quella più “tradizionale”, quella in cui l’allenatore “istruisce” i propri allievi, gli insegna come si fa, si fa centro del processo di insegnamento ergendosi a possessore della verità, e l’allievo “subisce” passivamente eseguendo l’ordine. Metodo che vede nella ripetizione pedissequa e continua di un gesto la via migliore per il suo apprendimento.

Queste metodologie “rivoluzionarie” sono state riassunte nel recentissimo (Aprile 2022) articolo pubblicato sulla rivista internazionale Retos, dal gruppo di ricerca del prof. Carlos Vieira dell’Università Federal de Goias, in Brasile. Nell’articolo intitolato “Promuovere comportamenti tecnico-tattici durante le partite di calcio a spazi ridotti: una revisione narrativa sulla manipolazione dei vincoli all’interno dell’approccio ecologico” gli autori ne hanno evidenziate 4: TGFU (Teaching Game For Understanding), Pedagogia Non-Lineare, Sport Education e il Modello di Competenze per i giochi di invasione.

Le prime due sono di certo le più famose.

IL TGFU

Il TGFU proposto da Bunker e Thorpe nel 1982 fornisce un’interfaccia nella quale l’insegnante aiuta gli studenti/giocatori a stabilire una connessione tra gli obiettivi del gioco e la sua strutturazione in diverse forme. Si tratta di mettere al centro il Gioco, attraverso il quale l’obiettivo diventa “sintonizzare” il giocatore con il contesto nel quale deve esprimere la sua performance. Opponendosi alla metodologia tradizionale che voleva “insegnare la tecnica”, il TGFU vuole sviluppare in primis i comportamenti tattici dei giocatori e simultaneamente migliorarne le abilità, sempre in funzione del gioco.

Qui il gioco È il maestro. 

LA PEDAGOGIA NON-LINEARE

Le pedagogie non-lineari, di cui l’approccio per vincoli ne è probabilmente la massima espressione, sono un superamento, a mio avviso decisamente positivo, del TGFU. 

Il modello delle pedagogie non-lineari è basato sul fatto che l’acquisizione delle abilità derivi dall’interazione tra atleta, compito da svolgere e ambiente circostante. 

I giocatori possono essere considerati come sistemi non-lineari, cosi che una piccola modifica delle caratteristiche delle esercitazioni possa causare anche grandi cambiamenti nel loro modo di giocare, generando diverse soluzioni ai problemi di gioco” (Chow, et al., 2015) 

Sempre Chow, uno degli autori internazionali più importanti sull’argomento, identifica 5 principi fondamentali della Pedagogia non—lineare:

  1. La rappresentatività del contesto – l’allenatore deve creare esercitazioni che simulino il contesto competitivo;
  2. L’accoppiamento informazione-azione – attraverso l’utilizzo di esercitazioni rappresentative, i giocatori sono spronati a stabilire un accoppiamento percezione-azione specifico per il gioco;
  3. Manipolazione dei vincoli – L’allenatore attraverso la manipolazione delle caratteristiche del gioco sarà in grado di enfatizzare problemi tattici specifici cosi da far stimolare l’acquisizione di nuovi comportamenti da parte dei giocatori; 
  4. Apprendimento Esplorativo – La variabilità stimola l’attività esplorativa e guida i giocatori alla scoperta di soluzioni funzionali e individuali a problemi specifici di gioco;
  5. Riduzione di controllo consapevole del movimento – L’allenatore dovrebbe cercare di evitare che i giocatori dirigano l’attenzione verso possibili risposte pre-stabilite ai problemi del gioco, consentendo più autonomia ad esplorare l’ambiente alla ricerca di soluzioni per loro significative. 

IL MAESTRO È IL MAESTRO

Allenare cosi’ è difficile. Serve studio, osservazione, conoscenza, intuito, fantasia. Ecco perché il gioco NON è il maestro. Il Maestro È il Maestro. Il gioco è un mezzo, spesso, ma non sempre il migliore, che utilizzato in diversi modi può essere sfruttato per raggiungere l’obiettivo: l’acquisizione di abilità da parte dei giocatori. 

L’approccio per vincoli, come pedagogia non-lineare, supera il Teaching Game For Understanding (TGFU) nel momento in cui non riduce tutto al gioco, non lo pontifica come risolutore di tutti i mali, ma lo inserisce in un contesto più ampio, che contempla anche altre tipologie di mezzi allenanti, più o meno complessi, più o meno “situazionali”, a seconda delle necessità, delle caratteristiche dei giocatori, della natura degli apprendimenti da promuovere. 

Resto convinto del fatto che la figura dell’allenatore sia centrale, non secondaria. Mettere al centro il giocatore non significa mettere da parte l’allenatore. Utilizzare questo tipo di metodologia di allenamento significa essere assolutamente consapevoli dell’importanza di scegliere cosa, come, quando, perché e con chi, fare alcune esercitazioni piuttosto che altre, e questo consegna nelle mani del tecnico una grandissima responsabilità nel processo di apprendimento. Il gioco, da solo, non basta.  

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2 Commenti. Nuovo commento

  • Guerini Alessandro
    12 Ottobre 2022 12:27

    Buongiorno prof. è sempre un piacere e fonte di stimoli sempre nuovi leggere i tuoi articoli , sono d’accordo che l’allenatore sia la figura centrale è proprio lui che attraverso le varie proposte riuscirà a mettere il giocatore a suo agio e rendere al meglio
    Buon lavoro e grazie

    Rispondi
  • Trovo molto interessante i vostri articoli ,ma lavorando in un contesto dilettantistico e poco propenzio al cambiamento, sono l unico a portare avanti queste nuove idee ,ma sempre più convinto che questa è la strada giusta ,e gli apprendimenti notati su dei piccoli allievi da un anno a questa parte sono la prova .GRAZIE

    Rispondi

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